La ragazza con la musica in testa


Come mi piacciono i mezzi pubblici...
Sono un tipo un po' solitario, ma ci sono giorni in cui ho bisogno del contatto con altri esseri umani. Il treno affollato mi offre la possibilità di ricevere un gigantesco abbraccio collettivo.
Mi piace molto osservare le persone. Gli esseri umani mi entusiasmano. Mi entusiasmano i loro lineamenti tutti diversi, le loro voci (specialmente quelle straniere. Mi piace poter dire "Lui è irlandese, lei è inglese, lui è americano, lei è australiana..."), i loro occhi (alcuni persi nel vuoto, alcuni fissi sui miei, alcuni persi in qualche riflessione), i loro manierismi, i loro atteggiamenti corporei, perfino i loro odori (quando non esagerano...). Mi piace che qualcuno, alzandosi, lasci il sedile caldo per me. Mi piacciono le persone che non si spostano infastidite se, per l'affollamento, il tuo braccio tocca il loro. Sembrano le parole della persona più sola del mondo, ma quando questo accade, una parte del mio cuore si riempie di una strana gratitudine nei loro confronti.

Forse è l'anima dello scrittore, anche se fatico a definirmi tale... ma in un treno affollato di sconosciuti io non vedo "un treno affollato di sconosciuti"... io vedo poesia, vedo tante storie, vedo letteratura. E ogni volta che salgo sul treno, devo trovare il mio "eletto", quella persona di cui scrivere, che resterà indelebilmente nella mia memoria anche se ci siamo visti di sfuggita un'unica volta per mai più rivederci. Come nel caso della "fatina della Roma-Lido". Ancora oggi, se ci penso, me la ricordo perfettamente.
Stavolta ho incontrato il mio "eletto" sulla metro B, nel tratto tra "Policlinico" e "Piramide".
Stavo ascoltando "Teardrop" dei Massive Attack, e mi sono seduta nell'ultimo sedile, quello accanto alla porticina tra un vagone e l'altro, e l'ho vista. Somigliava moltissimo a quella che, nel mio immaginario, è uno dei miei personaggi femminili. L'impulso è stato irresistibile: ho tirato fuori dalla borsa il Moleskine e, osservandola come fa il pittore col modello, l'ho studiata molto attentamente e ho tratteggiato in parole i suoi contorni, i suoi lineamenti lo sfondo attorno a lei, il suo ritratto.
Aveva i capelli di un colore rosso Tiziano, morbidi e lunghi, trattenuti da un cerchietto di strass molto sottile. Il suo ovale aveva la pelle rosea e delicata tipica di chi ha la carnagione chiara, tipica delle persone con i capelli rossi. Aveva un che di rinascimentale. Delle efelidi molto chiare, che quasi non si vedevano, le davano un'aria piuttosto infantile, nonostante il piglio determinato e concentrato delle sue labbra, contratte in un'espressione piuttosto severa. Indossava un paio di occhiali senza montatura intorno alle lenti, di quelli che hanno solo le stanghette e i naselli. Aveva le gambe accavallate in un paio di jeans, e un paio di Nike Shox bianche e dorate. Aveva un cappotto nero e una pashmina di un lilla brillante con motivi più scuri, viola. Teneva in grembo una borsa bianca, decorata con motivi floreali che mi facevano pensare all'India. La teneva con una mano, delicata, arrossata, magrissima, con le dita lunghissime e sottili, dalle unghie cortissime. Davano l'impressione che non ci fosse carne attorno alle ossa di quella mano, ma solo pelle rosa. Mani da pianista. Ogni tanto, tormentava l'indice di quella mano mordendone una pellicina.
La cosa che mi ha colpito, oltre a tutto questo, era che stava leggendo uno spartito. "Aprea", della "Ricordi". E' una raccolta di dodici temi per pianoforte. Era concentratissima, come se stesse leggendo un romanzo, con l'espressione di chi sa che sta facendo qualcosa che avrebbe attirato l'attenzione, ma che finge di non accorgersene. Sul treno si stava esibendo un suonatore di fisarmonica. Stava suonando "Libertango" di Astor Piazzolla, ma lei teneva col piede un ritmo tutto tuo, il ritmo della musica che stava leggendo, quella musica che aveva in testa e che poteva sentire solo lei.
Accanto a lei, un uomo grande e grosso la guardava intimidito e si spostava un po' chino, come se avesse avuto paura di farle male e di disturbarla. Alla sua sinistra, invece, una donna minuta, con i capelli neri tagliati a caschetto e delle folte sopracciglia nere, osservava di nascosto le pagine di quello spartito con l'espressione di chi non ci capiva nulla, di chi, in quei simboli, vedeva solo silenzio e incognito.
Ma lei aveva la musica in testa. Potevo quasi sentirla. 
© 2009 Maria Pamela Menale

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