L'aurora più bella della storia della letteratura




Ai primi bagliori dell'alba lo svegliava uno sgomento dolce e diffuso, il cuore si ricordava della sua avventura; non gli permetteva più di resistere tra le coltri, si alzava, e, leggermente coperto contro la frescura mattutina, andava a sedersi presso la finestra aperta e aspettava l'uscita del sole. L'evento meraviglioso colmava di devozione la sua anima consacrata dal sonno. Il cielo, la terra e il mare erano ancora immersi in uno spettrale vitreo biancore aurorale; una stella morente navigava nell'immateriale. Poi un soffio, un alato messaggio da sedi inaccessibili annunciava che Eos, l'Aurora, sorgeva dal letto nuziale; e appariva il primo tenero sole dalle zone più remote del mare e del cielo, il segno che il creato si rende sensibile. La dea s'avvicinava, la rapitrice di adolescenti che involò Clito e Cefalo e che sfidando l'invidia di tutto l'Olimpo godette l'amore del bel cacciatore Orione. Ai confini del mondo cominciava la pioggia di rose, un riverbero e una fioritura di grazia ineffabile, nubi nascenti, immateriali, luminose si libravano come docili putti fra vapori rosei e cilestrini; un velo di porpora si stendeva sul mare che sembrava accostarlo ondeggiando verso la riva, frecce dorate guizzavano dal basso verso il colmo del cielo, lo splendore diventava un incendio, silenziosamente, con violenza divina, il fuoco, le fiamme, il rogo divampante e i sacri pensieri del dio fratello, con zoccoli travolgenti s'innalzavano sopra il perimetro della terra. Illuminato dal fulgore del dio il vegliante solitario chiudeva gli occhi e offriva le sue palpebre al bacio dell'astro glorioso. Sentimenti passati, antichi deliziosi tormenti defunti durante la sua vita di rigida disciplina tornavano, stranamente mutati -- li riconosceva con un sorriso perplesso, stupito. Rifletteva, sognava, le sue labbra formavano lentamente un nome, sorridendo, sempre con la faccia rivolta verso il cielo, le mani giunte in grembo, tornava ad assopirsi nella poltrona. 

Thomas Mann, da "La morte a Venezia"

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2 commenti

  1. niente da dire... un miracolo di scrittura, come del resto solo il mio amato/odiato TM sapeva fare !

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  2. :) "La morte a Venezia" è stato il primo lavoro di TM che ho letto. Devo dire che sono rimasta sorpresa. Non mi aspettavo tutto quel pathos e quel calore. Credo di avere qualche pregiudizio sugli scrittori tedeschi e sulla loro capacità di esprimere calore. Ma vengo spesso smentita, come nel caso di Herman Hesse.

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